L’antico sentiero del Brut Pass che collega Zambana a Trento

Una vecchia strada ora abbandonata ci racconta il suo passato attraverso i segni quasi cancellati dal tempo

Zambana. Da secoli esiste addossato alla montagna sulla destra del fiume Adige un antico sentiero-mulattiera che da Vela di Trento arriva a Zambana (vecchia). Questa vecchia strada era nominata in antichità “Sentiero del Brut Pass”. La strada una volta giunta a Zambana da un lato proseguiva verso Mezzolombardo mentre dall’altro si collegava con la val di Non salendo la val Manara.

Nonostante in origine fosse un semplice sentiero era comunque molto frequentato. Questa via viene anche citata in un documento che racconta gli eventi del febbraio 1797, quando una mezza brigata di soldati napoleonici, circa 500 con alcuni cannoni, provenienti da Trento la percorsero per attaccare gli austriaci che erano posizionati a Mezzolombardo.

Da sentiero a strada


Durante la prima guerra mondiale, e precisamente nell’anno 1916, l’Impero Austriaco decise di intraprendere i lavori per rendere questo sentiero- mulattiera una strada, accessibile anche a mezzi motorizzati.
Avendo nei campi di prigionia una grande quantità di prigionieri di guerra fatti sul fronte russo le autorità austriache decisero di impiegare questi prigionieri per eseguire i lavori di ampliamento del sentiero.

Il tratto di strada che dal paese di Vela va alle casette della Polveriera era già ampio e transitabile anche con carri, come pure il tratto fino ai masi dell’Ischia Wolkenstein. Stessa cosa dalla parte opposta cioè da Zambana verso il cimitero per circa un chilometro. Bisognava collegare questi due tratti dove la carreggiata era una vera e propria mulattiera da allargare.

In molti punti si dovettero demolire enormi speroni rocciosi che limitavano la larghezza della strada, costruire rampe e muri di contenimento e sostegno per strada stessa sul lato verso il fiume. Era necessario anche consolidare le pareti rocciose sul lato a monte della strada che erano soggetti a frequenti frane.

Vennero anche costruiti dei paracarri in cemento e posizionati lungo i bordi esterni.

 

Nel punto più pericoloso in curva, dove il bordo della strada è proprio a picco sull’Adige, è stato costruito un muro di protezione, mentre i paracarri sono stati posizionati più vicini uno all’altro.

Prigionieri e soldati al lavoro


Alla costruzione della strada, come detto, vennero impiegati centinaia di prigionieri di guerra russi e qualche prigioniero serbo. I prigionieri erano inquadrati in compagnie denominate “Kriegesgefangenen Arbeiter Abteilung”, numerate per facilitarne il controllo. Il lavoro di questi consisteva nella bassa manovalanza e nei compiti più faticosi.

I lavori di mina erano eseguiti invece da soldati militari del genio austriaco, soldati esperti e fidati che dovevano maneggiare gli esplosivi. Queste squadre di soldati erano inquadrate nei “ Sappeur Abteilung”.

Alla strada negli anni venti venne dato anche il nome di “strada del sangue” alludendo alle cattive condizioni di lavoro e alla morte di molti dei prigionieri impiegati nel suo ampliamento.
Nella ricerca fatta, è emerso che durante la costruzione della strada ci furono alcuni infortuni, anche mortali e numerose malattie, ma non risulta nessuna forma di violenza verso i prigionieri.

Foto ricordo con i soldati del reparto del genio militare austriaco e prigionieri russi. Alla fine dei lavori venne immurata su una parete rocciosa a lato della strada una targa ricordo con inciso il nome dei reparti che la costruirono. Ora scomparsa, si possono però notare ancora i fori di ancoraggio nel posto dove era posizionata

Il tragico incidente


A circa tre-quattro chilometri dall’inizio del tratto da Zambana verso Trento, sulla parete rocciosa si trova scolpita una croce. Sopra questa croce c’è un capitello con le pareti e il tettuccio di legno che contiene una figura religiosa. Quella attuale è stata  messa di recente per sostituire quella originale sparita. La data di costruzione di questo manufatto risale al 1916 ed è collegata a uno degli incidenti occorsi durante i lavori di ampliamento della strada.

Nella ricerca è emerso che proprio in quel posti alcuni soldati furono investiti dallo scoppio di una mina.

Era il giorno lunedì 11 aprile 1916 e nell’incidente rimasero rimasti feriti mortalmente due soldati austriaci appartenenti al genio minatori, non ancora ventenni. Si tratta di Oliver Alfonso Camillo di Vigo Meano, nato il 22 giugno 1896, che venne sepolto nel cimitero di Zambana con gli onori militari, e Nardelli Livio di Camparta, nato il 31 ottobre 1896. Questo, uscito vivo dallo scoppio, venne subito trasportato all’ospedale di Trento ma per la gravità delle ferite morì due giorni dopo, il 13 aprile, e fu sepolto nel cimitero militare di Trento il giorno 15 aprile 1916.

Questo capitello venne costruito dai commilitoni per ricordare i due giovani soldati.

La strada di Zambana


La strada venne ampliata non solo per scopi militari e venne costruita in maniera molto buona, tanto che servì come strada principale per gli abitanti di Zambana per recarsi a Trento e viceversa. Su questa, oltre ai mezzi privati, transitavano anche le corriere del servizio pubblico.

Questo avvenne fino alla caduta della frana che nell’anno 1955 distrusse il paese di Zambana. Dopo questo fatto il paese venne evacuato e ricostruito sull’altro lato del fiume Adige. Non venendo più frequentata la strada andò lentamente in declino tanto che oggi è diventata a tratti un semplice sentiero transitabile solo a piedi o in bicicletta.

Passando per la strada però a distanza di oltre un secolo si possono ancore scorgere sulle rocce, le tracce dei fori prodotti dalle trivelle per le cariche esplosive e il segno degli scoppi delle varie mine.


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I segni di origini antiche


Come detto all’inizio la strada attuale non è altro che la sistemazione di un antico sentiero. Su una parete, in uno slargo della strada (ora adibita a palestra di roccia), a un altezza di circa 6-7 metri dal livello stradale si vedono scavati nella roccia, dei profondi fori rettangolari paralleli, distanti alcuni metri uno dall’altro che coprono una distanza di circa una ventina di metri. Nel libro “Guida turistica di Zambana e Fai dell’anno 1929, VII e. f.“, che è uno dei testi principali che abbiamo utilizzato per le nostre ricerche, i fori incisi nella roccia vengono descritti come quelli di un passaggio stradale pensile su travature, di epoca romana o medioevale.

Questi fori erano stati praticati proprio durante la costruzione della strada e servivano per posizionarvi i travi del tetto di un grande baraccone addossato alla parete che venne costruito sotto. Era un fabbricato di due piani, quello superiore adibito probabilmente a dormitorio mentre in quello sottostante, a pie terreno, erano posizionate le cucine.
Fino a qualche anno fa si potevano anche vedere sul terreno sotto questi fori, le tracce lasciate dai morali dove appoggiavano le assi dei pavimenti ora cancellati dal trascorrere del tempo


Collezionista e appassionato di storia locale, è stato decorato con la croce nera del Tirolo È autore di alcuni libri sulle vicende belliche della prima guerra mondiale.