Oggi a Lavis si sarebbe dovuta tenere la fiera. Il coronavirus ha fermato tutto, ma non la nostra capacità di ricordare e di rivivere il passato con la memoria
LAVIS. «Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritto, fino al mattino. Poi la strada la trovi da te: porta alla Lazzera che non c’è».
Se c’è una cosa che colpisce, fra le tante, di questo isolamento è lo straordinario silenzio che si sente, quando apriamo le finestre o passeggiamo sul balcone. Oggi è il 29 marzo e sarebbe stato il giorno della fiera della Lazzera, con le sue voci, la musica e gli altri rumori. C’è però una cosa che nessuno ci può impedire di fare. È riprendere in mano il libro dei ricordi. Fare una sorta di viaggio nel passato, in attesa che la Lazzera torni – perché tornerà – con il suo carico di suoni.
Il “Luna Park” agli Spiazzi
E se torniamo indietro nel tempo, dobbiamo riaffacciarci praticamente sull’Avisio. Dall’ultimo dopoguerra in poi, il “Luna Park” era infatti installato completamente nella piazza Loreto, nella zona storicamente chiamata degli “Spiazzi”. In quegli anni si attendeva con ansia l’arrivo delle giostre, delle carrozzette e dei tiri al bersaglio, almeno da una settimana prima della storica sagra-fiera.
I grossi camion scaricavano tutto il loro contenuto nella piazza e si iniziava immediatamente il montaggio di tutte le strutture. Nasceva così il “Parco dei Divertimenti”, tra la curiosità di tutti quanti.
La piazza era più grande e più praticabile di oggi. Veniva occupata per intero da tutto lo spettacolo viaggiante. Rimaneva libera all’accesso solamente la chiesetta della Madonna Nera di Loreto vicino al ponte per San Lazzaro, poi naturalmente il passaggio verso il “Zambel” interessato all’acquedotto e alle rogge. Era poi libero l’accesso all’unico bar della zona, quello del Bruno Marconi, conosciuto più familiarmente come il “Bruno della Giamaica” e con l’attigua famosa balera dei bei tempi andati.
Sullo sfondo poi, in prossimità della casa comunale detta “del Bersaglio” (ora casa Brugnara), c’erano anche i due campi da bocce regolamentari all’aperto (dove oggi c’è la casa Barbacovi). In occasione della Lazzera però rimanevano impraticabili: l’intero spazio tutto intorno era sommerso dalle svariate e voluminose attrezzature dei carrozzoni dei giostrai e dalle stesse giostre posizionate in bella vista.
La famiglia Filiputi
[sL’intero parco dei divertimenti veniva così montato rapidamente a forza di braccia e di collaborazioni anche esterne, offerte da parte dei lavisani che aiutavano i gestori-conduttori conosciuti da anni per il loro attaccamento alla Lazzera. Per molto tempo è sempre stata di casa, abitando anche nei dintorni della stessa piazza, l’intera dinastia della famiglia Filiputi, gli storici giostrai che provenivano, con tutte le loro attrezzature doogni genere, dal vicino Veneto.
Si trovano ancora nell’archivio comunale i vari “permessi” concessi dall’allora podestà Francesco Mosca e rilasciati agli addetti dello spettacolo viaggiante in occasione della fiera-sagra della Lazzera del 1935. Tra gli altri ci sono proprio quelli a Vittorio Filiputi per la propria giostra. a seggiolini, poi anche ad Antonio Zaghi il permesso di avere un esercizio di bersaglio in funzione proprio in piazza Loreto per la fiera.
C’erano quindi anche i baracconi per il tiro a segno, con il premio di un pupazzetto di stoffa. Per i tiratori più intrepidi, infallibili e fortunati, anche quello con la fotografia con il lampo al magnesio ogni volta che facevano il centro perfetto…
Le nuove hit
Ma le “carrozzette”, a Lavis, portavano con loro anche le novità in campo musicale. Tutte le canzoni di successo, e specialmente quelle dell’ultimissimo Festival di Sanremo, arrivavano a Lavis sui dischi in vinile a 78 giri, proprio per creare il sottofondo musicale della Lazzera. I vecchi altoparlanti “Geloso” a tromba erano installati intorno alle strutture del divertimento collettivo. Così si potevano ascoltare e riascoltare, anche per un’intera giornata, tutte le canzone di successo. Le eseguivano i cantanti che allora andavano per la maggiore.
C’erano Nilla Pizzi con “Grazie dei Fior” e Achille Togliani con “La luna si veste d’argento”. Poi in ordine tutti gli altri successi e le loro repliche infinite e interminabili. Da “Vola Colomba”, “Papaveri e Papere”, “Viale d’autunno”, “Campanaro”, “Vecchio Scarpone” e via discorrendo… tanti, tantissimi altri titoli di successo nazional-popolare. Facevano andare in visibilio tutti, non solo i giovani e i giovanissimi di allora.
Erano gli anni Cinquanta e gli più “anziani” insistevano per le loro canzoni di gioventù. Allora, a grande richiesta, venivano trasmessi anche i grandi titoloni del passato. “La famiglia canterina”, “C’è una casetta piccina”, “Pippo non lo sa”, “Il tamburo della banda d’Affori” e tantissime altre. Sulla giostra, intanto, i fidanzatini mano nella mano – questo anche per tenersi in equilibrio e farsi coraggio – sospiravano e si abbracciavano. Magari al ritmo di “Silenzioso Slow”, poi con “Mille lire al mese”, “La mia canzone al vento”, “La strada del bosco”, “Torna piccina mia” e tante, tante altre canzoni.
Nostalgia e tempo di rock
Non mancavano “stì ani” anche i nostalgici incalliti. Di solito, facevano però finta di non esserlo per non essere derisi dagli amici e conoscenti. A loro piacevano follemente i cosiddetti “pezzi forti”, quelli tosti per intenderci che avevano lasciato il segno. Da Beniamino Gigli che cantava “Mamma”, poi anche “Ma l’amore no”, “Voglio vivere così”, “Se vuoi goder la vita” e magari anche la celeberrima e sofisticata “Lilì Marlen” di non lontana memoria…
Quando c’era gran ressa di pubblico, la voce degli altoparlanti usciva sempre più gracchiante e disturbata perché non si aveva tempo per sostituire la puntina del giradischi ormai consunta.
Poi, con il passare degli anni, accanto alla ricca produzione discografica nazionale, si affiancò volente o nolente, anche quella americana ed estera, con i più grandi successi d’importazione. C’erano i blues e anche i primi rock, di quei tempi favolosi.
Insieme ai “Platters”, arrivò poi anche l’italico Carosone. Con i suoi primi pezzi cantati e ballati faceva andare in delirio tutti quanti i suoi fans presenti.
Cambiano i tempi
Con il passare degli anni poi, la storica piazza Loreto divenne sempre più stretta e impraticabile anche per gli amici giostrai. Tutti insieme iniziarono a reclamare altri spazi, magari verso il centro storico del paese. Dal 1960 in poi si liberò definitivamente la piazza della ex stazione del tram (piazza Anita Garibaldi), oggi diventata la piazza del mercato settimanale. Il Parco dei divertimenti della Lazzera prese praticamente il domicilio stagionale in piazza Garibaldi. Nel frattempo anche le giostre si erano attrezzate e modernizzate, cambiando forma e anche sostanza sia tecnica sia logistica.
I vecchi e ormai superati impianti sonori con le trombe della Geloso erano stati sostituiti e dimenticati, con tanto di amplificazione Hi-Fi / Stereo e casse acustiche superpotenziate. Ormai del vecchio giradischi con la puntina spuntata, e dei vecchi dischi a 78 giri, è rimasto solamente il ricordo. Ma anche delle famigliari e simpatiche giostre dei nostri sogni negli anni ’50 che hanno fatto trepidare e scalpitare intere generazioni di ragazzi e ragazze.
Ma una cosa che non ci saremmo mai aspettati è che la Lazzera “saltasse un giro”. In questo strano 2020 è successo anche questo. Ma noi l’aspettiamo, con il suo frastuono e con le sue canzoni, amplificate a tutto volume ad ogni primavera.
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