La passeggiata sull’Avisio sarà intitolata ad Andreas Hofer

La proposta, approvata all’unanimità dal consiglio comunale, mette fine alle discussioni iniziate un anno fa

LAVIS. Nel consiglio comunale di ieri sera, giovedì 11 giugno, a Lavis si è tornato a parlare di Andreas Hofer. Dopo la movimentata discussione del 25 luglio dell’anno scorso – quando venne bocciata la proposta della Lega di intitolare ad Andreas Hofer il parchetto di via Rosmini (poi intitolato al giornalista Rolly Marchi) – il nome dell’eroe tirolese è stato riproposto dalla commissione toponomastica.

La proposta, accolta all’unanimità dai consiglieri comunali, è stata quella di denominare la passeggiata lungo l’Avviso (sponda lavisana) “Passeggiata Andrea Hofer“. Come evidenziato dal sindaco Andrea Brugnara nel suo intervento quello è un luogo che ha un profondo significato storico in quanto proprio su quella sponda erano appostati gli Schützen guidati da Andreas Hofer nella resistenza all’avanzata francese. Perché la denominazione divenga ufficiale ora si dovrà attendere il nulla osta della commissione toponomastica provinciale.

Ma chi era Andreas Hofer? Vi riproponiamo lo stralcio di un nostro vecchio articolo dove abbiamo cercato di raccontare una storia vecchia di oltre due secoli. 

“Heimkehrender Tiroler Landsturm” di Franz von Defregger

Il Tirolo bavarese


Per capire Andreas Hofer bisogna quindi prendere la macchina del tempo e tornare quanto meno al 26 dicembre 1805. Napoleone aveva appena sconfitto gli austriaci nella battaglia di Austerlitz. La guerra non era finita, ma nel giorno di Santo Stefano si arrivò intanto a firmare un trattato a Presburgo.

Quel giorno finì la storia secolare del Sacro Romano Impero: Francesco II divenne Francesco I, imperatore d’Austria. L’accordo prevedeva fra le altre cose la cessione del Tirolo (compresa la parte italiana, ovvero l’attuale Trentino) ai bavaresi. Era una decisione calata dall’alto, motivata da semplici ragioni contingenti: la Baviera aveva fornito a Napoleone un corpo d’armata di trentamila uomini per Austerlitz. Il Tirolo era una sorta di premio concesso ai bavaresi per la loro fedeltà.


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Uno stato centralizzato


Massimiliano I, re di Baviera, formalizzò l’assunzione della sovranità sul Tirolo il 22 gennaio 1806. Il governo della regione fu affidato al suo ciambellano e consigliere, il conte Carlo d’Arco. Lo storico Umberto Corsini definì questo dominio come “illogico e antistorico. Sicuramente dovette apparire come tale alla popolazione del tempo, soprattutto al di fuori della città di Trento.

Il dominio bavarese riuscì comunque a portare un vento di modernità nella regione, accelerando riforme che per molti aspetti erano già in atto sotto il dominio asburgico. Per i bavaresi portare delle novità era molto semplice, per il modo in cui governavano i loro territori, puntando a uno:

“Stato centralizzato, moderno ed efficiente, teso a cancellare privilegi di ceti, corporazioni ed enti intermedi per realizzare la parità civile e rivendicare solo al vertice la fonte del potere”

Un modo di agire molto vicino alla “riattualizzazione napoleonica” della rivoluzione francese, ma molto lontano dai desideri di autonomia delle valli tirolesi. Le riforme toccarono innanzitutto l’amministrazione della giustizia, con il venir meno di vari potentati locali.

Ma anche l’ambito finanziario e commerciale, con provvedimenti riguardanti la monetizzazione, la lotta all’inflazione, la limitazione dei dazi interni e la soppressione di compagnie monopolistiche. L’ambito medico, con l’introduzione del vaccino contro il vaiolo. L’ambito dell’istruzione, con l’obbligo per i professori di sostenere gli esami di idoneità all’insegnamento nelle università. Ma anche con il controllo sui libri scolastici (compresi i catechismi). L’ambito dell’arredo urbano, con l’illuminazione notturna delle strade.

Consiglio di guerra di Andreas Hofer, olio su tela di Franz Defregger, 1897

I malumori nella popolazione


Eppure ci furono altri provvedimenti che dovettero essere mal digeriti dalla popolazione. Innanzitutto perché toccarono la tradizione religiosa del Tirolo. Numerosi conventi e monasteri furono soppressi. Quasi tutti i beni vescovili furono messi all’asta. Furono venduti anche gli arredi sacri e le argenterie del duomo di Trento.

Fu proibita la messa di mezzanotte a Natale, limitate le funzioni e le processioni religiose. Si pose un freno anche al suono delle campane. I religiosi non potevano avere contatti con l’estero senza l’autorizzazione: neppure con la sede apostolica, per esempio per le questioni inerenti il diritto ecclesiastico.

Nel 1808 fu imposta la coscrizione militare obbligatoria, accolta con disappunto soprattutto nel Tirolo tedesco, ma che non mancò di riscaldare gli animi anche delle suscettibili vallate trentine. La leva militare durava due anni, durante i quali gli uomini – fra i 18 e i 60 anni – erano costretti a lasciare i campi.

Nel settembre dello stesso anno, il re di Baviera affidò al Consiglio comunale il compito di tenere i registri di nascita, matrimonio e morte (prima erano curati dalle parrocchie). Anche se il provvedimento era coerente con la politica bavarese, fu comunque letto come “una nuova intromissione nella sfera di azione della Chiesa”.

Andreas Hofer

La rivolta di Hofer


I primi a protestare furono i trentini della val di Fiemme, soprattutto contro l’obbligo della leva militare. L’insurrezione vera e propria partì invece dal Tirolo tedesco, dove ottenne da subito l’appoggio delle milizie locali fedeli all’impero austroungarico: gli Schützen.

In breve si unirono alla rivolta anche le valli trentine: di Fiemme e Fassa, di Non e Sole, oltre ai distretti della Valsugana. Fra il 20 e il 23 aprile le giubbe bianche dei regolari austriaci entrano a Trento. Con loro c’erano le compagnie contadine guidate da un oste e commerciante della Val Passiria: Andreas Hofer.


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Trentini divisi


Come ricorda lo storico Sergio Benvenuti, l’azione di Hofer fu:

“una vera e propria guerra ideologica, una ‘guerra di religione’ per la difesa e conservazione di quei valori tradizionali del cattolicesimo che la popolazione, sia tedesca che italiana del Tirolo, vedeva minacciati dal giacobinismo rivoluzionario e dal riformismo illuminato del governo bavarese”.

In realtà, al momento dello scoppio dell’insurrezione, si trovarono a fronteggiarsi idealmente, su fronti opposti, trentini diversamente schierati. Da un lato i contadini, abituati a un “intreccio fra religione e patriottismo” e a una “incondizionata fedeltà all’Imperatore austriaco”. Dall’altro lato i nuovi ceti dirigenziali di città. Erano uomini e donne che non avevano grandi simpatie per i bavaresi. Allo stesso tempo, guardavano però con orrore alle rivolte popolari.

Girolamo Graziadei, un esponente del patriziato trentino, scrisse:

“È indicibile la confusione e l’orrore che incuteva questa gente disperata ed ubbriaca, sempre disposta a qualunque eccesso, il che fece vegliare la notte più d’uno per essere pronti alla difesa delle proprie case”.

La sollevazione tirolese


A ogni modo, la rivolta di Hofer ottenne importanti successi. I contatti fra il locandiere e Vienna erano iniziati nel gennaio, quando già appariva chiaro che il Tirolo sarebbe stato coinvolto nelle vicende belliche che stavano per riaprirsi.

Nell’aprile, ci furono  i primi scontri fra le truppe bavaresi e gli insorti tirolesi: prima a Ladritisch e a Sterzing (10 e 11 aprile). La battaglia di Sterzing è particolarmente significativa, perché fu decisa in piena autonomia da Hofer. La sollevazione tirolese è ricordata con toni epici, anche perché si caratterizzò per la sua vasta indipendenza strategica.

Gli insorti riuscirono a ottenere importanti vittorie nei dintorni di Innsbruck e ad Hall. In breve, senza la necessità di un appoggio decisivo delle truppe austriache, la maggior parte del Tirolo era insorto e si era liberato.

Un nuovo armistizio


Nel maggio del 1809, la Baviera tentò una reazione, riuscendo in un primo tempo a rioccupare Innsbruck. I contadini del Tirolo del nord si misero in contatto ancora con Hofer. Il locandiere, anche se controvoglia, tornò a guidare i gruppi armati, riuscendo a ottenere nuove importanti vittorie sui bavaresi, liberando Innsbruck.

Dopo le vittorie ad Aspern ed Esslingen, l’imperatore Francesco I si impegnò formalmente a non sottoscrivere alcun trattato di pace che non prevedesse la permanenza del Tirolo nell’impero austriaco. In realtà, la promessa venne smentita pochi mesi dopo.

L’esercito napoleonico si era infatti ormai riorganizzato. Il 13 maggio Napoleone occupò Vienna. Il 12 luglio l’arciduca Carlo fu costretto a chiedere un armistizio a Znaïm. E così, con i trattati di Schönbrunn del 14 ottobre, l’imperatore rinunciò ancora una volta al Tirolo.

La fucilazione di Hofer
La fucilazione di Hofer

La fine della storia


La pace appena conclusa non fu immediatamente comunicata ai tirolesi. Ma dal momento in cui se ne ebbe notizia, si diffuse nel Tirolo una grande insicurezza. Amplificata anche dal fatto che i bavaresi avevano offerto un’amnistia agli insorti.

Nel novembre, un Andreas Hofer sempre più isolato, abbandonato anche dal governo viennese, ottenne le ultime vittorie nei pressi di Merano e nella sua val Passiria. Costretto ormai alla fuga, fu infine tradito dal tirolese Franz Raffl e catturato nella notte tra il 27 e 28 gennaio 1810. Sarà condotto a Mantova, giudicato da un Consiglio di guerra francese, condannato a morte e fucilato il 20 di febbraio.

Era la fine dell’insurrezione del Tirolo, l’unica sommossa popolare favorevole agli Asburgo.  Il territorio trentino tornò nelle mani delle armate francesi. Il 28 febbraio del 1810, con il trattato di Parigi fra Francia e Baviera, fu quindi annesso al Dipartimento dell’Alto Adige e al Regno italico, con Milano come capitale. Ma questa è un’altra storia.


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