Mentre scriviamo, in Venezuela è piena notte. Le notizie che arrivano in questo momento – sono le 10 del 24 gennaio – parlano di scontri che si sono protratti senza sosta e una situazione instabile che dà il senso di quanto sta succedendo.
Lo Stato sudamericano convive da ieri, 23 gennaio, con due presidenti. Di fronte a migliaia di persone scese in piazza nella capitale, Caracas, il leader dell’opposizione – il 35enne Juan Guaidó – si è auto-proclamato nuovo presidente pro-tempore del Venezuela, in attesa di nuove elezioni.
(Da Twitter: blitz della polizia contro un canale televisivo che aveva trasmesso il discorso di Guaidó)
Immediata la reazione dell’altro presidente, quello già in carica: Nicolás Maduro, più volte accusato di aver violato i diritti umani nel suo Paese. Quasi subito Guaidó è stato riconosciuto come il presidente legittimo dagli Stati Uniti di Donald Trump. E poi ancora: da Canada, Argentina, Brasile, Perù, Ecuador, Costa Rica e Paraguay.
Così la portata dello scontro si è allargata ulteriormente. Maduro ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti. E ha dato 72 ore di tempo ai diplomatici statunitensi per lasciare il Paese. Trump ha annunciato che stando così le cose «tutte le opzioni sono sul tavolo»1. Intanto gli scontri fra gli oppositori e la polizia sono continuati fino a tardi. Ci sarebbero dei morti.
(Da Twitter: Donald Trump riconosce Guaidó. «I cittadini del Venezuela hanno sofferto per troppo tempo nelle mani del regime illegittimo di Maduro»)
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